SINDROME di 
CRIGLER-NAJJAR



HOME

DEFINIZIONE

CAUSE

ASPETTI CLINICI

ASPETTI GENETICI

CRIGLER-NAJJAR di TIPO II

APPROCCI TERAPEUTICI

TOSSICITA' della BILIRUBINA e suo
TRATTAMENTO

FOTOTERAPIA

CONTROLLI PERIODICI

IL RATTO GUNN

INDIRIZZI UTILI

CODICE ESENZIONE TICKET

FARMACI e LIVELLI di BILIRUBINA

CRIGLER-NAJJAR REGISTRY e FORUM

LINKS

LINKS in Inglese

NEWs in Inglese

ALBUM FOTOGRAFICO

AGGIORNAMENTI



Dizionario Medico da OKCorriere Salute






Google



APPROCCI TERAPEUTICI:
Al momento attuale non esiste una terapia risolutiva per la sindrome di Crigler-Najjar di tipo I.  Qui di seguito sono elencati alcuni approcci terapeutici. Per un ulteriore approfondimento si rimanda al paragrafo successivo (La tossicità della bilirubina ed il suo trattamento) a cura del dr. Flavio Ronchi.
Fototerapia:
La fototerapia rappresenta la forma terapeutica di eccellenza per la sindrome di Crigler-Najjar. Si basa sul fatto che, se irradiata con una luce di una determinata lunghezza d'onda, la molecola di bilirubina può andare incontro a modificazioni chimiche trasformandosi in forme (isomeri configurazionali) che possono venir escreti nella bile senza necessità di coniugazione. Le lampade Philips F20, F40 Special Blue lamps o Philips TL 52 sono generalmente usate come sorgenti luminose per il trattamento fototerapico. In tempi recenti, sono state introdotte lampade a LED che garantiscono una maggior durata. Per mantenere i livelli di bilirubina non coniugata sotto la soglia dei 20/25 mg/dL i pazienti Crigler-Najjar devono quotidianamente sottoporsi a sedute di fototerapia della durata di 12-16 ore. Questa terapia tende a essere meno efficace con l'aumento dell'età del paziente a causa del progressivo ridursi del rapporto tra la superficie corporea esposta alla luce e la massa corporea. Altri fattori che ne diminuiscono l'efficacia sono l'ispessimento della pelle e l'aumento della pigmentazione. Se prima dell'avvento della fototerapia l'aspettativa di vita dei pazienti Crigler-Najjar di tipo I era di qualche mese, ora si è prolungata oltre i 30 anni.

Per massimizzare l'efficacia della fototerapia si consiglia di:
    • Sostituire periodicamente le lampade (ogni 1000-1500 ore di utilizzo, ovvero circa ogni 4-6 mesi)
    • Mantenere la fonte luminosa molto vicina al corpo (indicativamente 15-20 centimetri)
    • Massimizzare la superficie corporea esposta alla luce
    • Utilizzare lenzuola tinta unita bianche
    • Porre superfici riflettenti (specchi, emergency blankets) intorno al letto
Trapianto di Fegato:
Al momento il trapianto di fegato rappresenta l'unica terapia risolutiva per pazienti Crigler-Najjar di tipo I. Tuttavia non bisogna dimenticare che oltre ai rischi connessi alla procedura chirurgica si aggiungono altri problemi quali la continua terapia immunosuppressiva che i pazienti devono seguire dopo il trapianto. Inoltre, nonostante lo sviluppo di nuove tecniche di trapianto e la sensibilizzazione in tema di donazione d'organi, il reperimento di un organo compatibile continua ad essere problematico.
Trapianto di Epatociti:
Questa tecnica, ancora in fase sperimentale, è stata recentemente ultilizzata in un numero limitato di pazienti affetti da sindrome Crigler-Najjar di tipo I, comportando un significativo livello di attivita' UGT1A1 con riduzione della durata giornaliera delle sedute di fototerapia. Il limite attuale di tale approccio terapeutico č rappresentato dalla limitata durata dell'efficacia del trattamento, dovuta al progressivo invecchiamento delle cellule trapiantate. Recentemente, si sta valutando la possibilita' di trapianto di precursori delle cellule epatiche. Per maggiori dettagli visitare il sito Promethera.
Plasmaferesi:
Viene soprattutto utilizzata per ridurre i livelli di iperbilirubinemia in fase acuta. Si basa sul fatto che la bilirubina nel sangue è associata con l'albumina plasmatica. Quindi la rimozione di albumina comporta anche la rimozione di bilirubina non coniugata. Al paziente viene estratto il sangue intero da una vena dell'avambraccio: il sangue viene immesso in un circuito sterile e mediante un processo di centrifugazione e filtrazione lo si fraziona, consentendo la raccolta del plasma, contenente l'albumina e la bilirubina ad essa associata. Le componenti cellulari del sangue vengono quindi ritrasfuse al paziente.
Sn-mesoporfirina:
Come detto la bilirubina deriva dal processo di degradazione delle emoproteine, principalmente della emoglobina presente nei globuli rossi. In questo processo interviene un enzima chiamato eme ossigenasi. La Sn mesoporfirina (tin mesoporphyrin,  stagno mesoporfirina, non in commercio in Italia), è un potente inibitore della eme-ossigenasi, che può quindi venir utilizzato per ridurre la sintesi di bilirubina. Il suo utilizzo in genere è limitato, accoppiato ad altri trattamenti, durante le crisi di iperbilirubinemia acuta.
Riduzione della circolazione entero-epatica:
Altri trattamenti quali la somministrazione di agar, di colestiramina, di carbone attivato, di calcio sono stati proposti al fine di ridurre la circolazione entero-epatica di bilirubina. L'efficacia di questi trattamenti, tuttavia, appare essere ridotta. Nel 2007 sono stati pubblicati i risultati di un trial clinico in cui a pazienti Crigler-Najjar č stato somministrato un farmaco anti-obesitā noto come Orlistat. Tale trattamento ha avuto come effetto un incremento dell'escrezione fecale di grassi e bilirubina non coniugata, con concomitante riduzione dei livelli plasmatici di bilirubina non coniugata.
Ossidazione della bilirubina:
Ulteriori approcci terapeutici allo studio hanno come fine la degradazione della bilirubina tramite sua ossidazione ottenuta mediante somministrazione di bilirubina ossidasi-PEG o induzione del citocromo P450. Sebbene questi trattamenti abbiano dato risultati nei ratti Gunn la loro efficacia terapeutica in pazienti Crigler-Najjar è ancora da dimostrare.
Terapia Genica:
Lo scopo della terapia genica è quello di inserire del materiale genetico nelle cellule del paziente per curare o prevenire una malattia. L'inserimento del materiale genetico può avvenire utilizzando dei virus modificati, in cui ai geni virali è stato sostituito il gene che si vuole trasferire. A seconda della natura del virus si parla di vettori retrovirali, adeno-associati, adenovirali, lentivirali etc. Altre tecniche prevedono il trasferimento genico mediato da vettori non virali quali l'utilizzo di liposomi o l'iniezione diretta del materiale genetico. L'inserimento genico può avvenire iniettando il vettore direttamente nel paziente (in vivo) oppure in cellule prelevate dal paziente, coltivate in laboratorio, sottoposte a trasferimento genico e quindi ri-impiantate nel paziente (ex vivo).
La terapia genica rappresenta un potenziale approccio terapeutico per la sindrome di Crigler-Najjar. Si può infatti pensare di inserire il gene funzionale della UGT1A1 in alcune cellule di pazienti affetti da sindrome di Crigler-Najjar di tipo I. E' ragionevole supporre che anche una relativamente modesta produzione di enzima attivo possa ridurre i livelli di iperbilirubinemia, riducendo, se non evitando, le sedute quotidiane di fototerapia. Questa prospettiva va però inquadrata in un futuro prossimo ma non immediato. Allo stato attuale la terapia genica non ha ancora inequivocabilmente dimostrato le sue potenzialità cliniche e molto lavoro di ricerca è ancora necessario per una sua applicazione efficace e sicura. Diversi studi di terapia genica hanno utilizzato come malattia modello la sindrome di Crigler-Najjar, in virtu' della conoscenze gia' acquisite sulla genetica di questa sindrome e dell'esistenza di un modello animale ben caratterizzato. Alcuni studi hanno dimostrato che è possibile 'curare' esemplari di ratti Gunn con mediante trasferimento del gene umano per la UGT1A1, ma siamo ancora lontani da una applicazione clinica sull'uomo.
Aveva alimentato molte aspettative la messa a punto una nuova tecnica di trasferimento di materiale genetico chiamata chimeraplasty che è stata testata con successo anche nei ratti Gunn. Con questa tecnica non viene inserito una copia addizionale del gene mutato come nel caso della terapia genica "classica", ma delle molecole ibride formate da acidi nucleici DNA-RNA . Questo ibrido di DNA-RNA  è in grado, mediante un processo non ancora completamente chiarito nei suoi dettagli molecolari, di correggere la mutazione presente nel gene della UGT1A1 del ratto Gunn, con riduzione dei livelli di iperbilirubinemia.  Nei primi mesi del 2000 fu chiesta all'ente federativo statunitense competente l'autorizzazione a utilizzare questa tecnica in pazienti affetti da sindrome di Crigler-Najjar di tipo I. Successivamente la compagnia detentrice del brevetto applicativo della tecnica era fallita. Inoltre negli anni successivi la tecnica stessa di trasferimento genico tramite chimeraplasty è stata pesantemente criticata dalla comunita' scientifica e la sua efficacia è ancora tutta da essere dimostrata.


Se vuoi stampare questa pagina clicca qui per la versione stampabile la cui impaginazione ti permetterā di risparmiare qualche foglio di carta.

            
PAGINA PRECEDENTE           PAGINA SUCCESSIVA





Google
 
Cerca sul Web Cerca sul sito Crigler-Najjar Geocities
Cerca sul sito Crigler-Najjar.info Cerca sul sito Crigler-Najjar.com